I giorni della merla e candelora


Gli ultimi tre giorni di gennaio, 29-30-31, sono tradizionalmente considerati i giorni più freddi dell’inverno. Secondo la leggenda, sono chiamati della merla perché, per ripararsi dal gran freddo, una merla si rifugiò con i suoi merlottini in un comignolo, e ne emersero il primo febbraio tutti neri. E neri furono i merli da quel momento, perché prima erano bianchi. Ma perché sono i giorni più freddi dell’inverno? A prescindere che non tutti gli anni sono o saranno stati i più freddi, che siano tra i più gelidi deve avere un fondo di verità se ne è nata una leggenda, che ha sempre per protagonista un merlo. Gennaio aveva ventotto giorni ed era il mese più freddo dell’anno. Giunto al ventottesimo giorno, un merlo, rallegrato, gridò al cielo: “Più non ti curo Domine, che uscito son dal verno”. Gennaio vendicò la bestemmia facendosi prestare tre giorni da febbraio e rendendoli ancora più gelidi. Febbraio fa parte del periodo oscuro del calendario dei popoli indo-europei, periodo senza nome prima che fossero creati i due nuovi mesi, gennaio e febbraio. Il suo nome, Febrarius, in latino significa purificare. Macrobio ricorda che Numa lo aveva dedicato al Dio Februus e stabilito che durante questo mese si celebrassero riti funebri agli dèi Mani. Nelle feste, che cadevano nella seconda quindicina di gennaio, era ricordata anche lunio Februata, Giunone Purificata che si ricordava nelle Calende di febbraio cone luno Sospita, Giunone Salvatrice. Nel VII secolo la Chiesa Romana adattò al 2 febbraio una festa che già era celebrata in Oriente fin dal IV secolo, ovvero la presentazione al tempio del Signore. La presentazione del neonato al tempio, e la conseguente purificazione della madre, dovevano avvenire quaranta giorni dopo il parto e, poiché il giorno della nascita era stato fissato, per convenzione, al 25 dicembre, ecco coincidere perfettamente la purificazione della Vergine con la festa pagana di Giunone Purificata. Nel tempo, la Purificazione della Vergine aveva preso il sopravvento sulla presentazione al tempio di Gesù, l’ultima riforma liturgica ha riportato la festa del Figliolo. Ma è rimasta l’usanza di chiamare questo giorno Candelora, Candelaia in Toscana e Ceriola, Siriola, Zariola in altre regioni, perché vi si benedicono le candele che saranno distribuite ai fedeli.

Perché candele benedette in questo giorno particolare e non in altri? Perché durante i festeggiamenti a Giunone Purificata e Giunone Salvatrice i fedeli correvano per la città portando fiaccole accese. E nel VII secolo si svolgeva già a Roma, in occasione della festa cristiana, una processione notturna con ceri accesi. I fedeli giungevano a Sant’Adriano da ogni parrocchia della città e insieme confluivano tutti verso Santa Maria Maggiore. La benedizione delle candele è un’usanza successiva alla processione, ed è documentata a Roma tra la fine del IX e l’inizio del X secolo, probabilmente introdotta dal clero francogermanico. Venivano accese con un cero in una cerimonia simile a quella della veglia pasquale, mentre ora sono semplicemente benedette. Secondo la tradizione, i ceri benedetti erano conservati in casa dai fedeli e venivano accesi, per placare l‘ira divina, durante i violenti temporali, aspettando una persona che non tornava, o che si pensava fosse in grave pericolo, assistendo un moribondo, durante le epidemie o i parti difficili. E Giunone era detta anche Lucina, dea della luce, protettrice tra l’altro delle partorienti. Ai nostri giorni, febbraio ha perduto la sua connotazione di mese dedicato alla purificazine e ai morti, poiché il mese dei morti è stato spostato a novembre, nel quale inizia l’Avvento, perido dal carattare purificatorio e di attesa della nascita di Cristo. La Candelora, collocata a mezzo inverno nel tempo astronomico, coincide nel ciclo agreste/vegetativo con la fine dell’inverno e l’inizio della primavera; il più famoso detto popolare a riguardo infatti recita:

“Quando vien la Candelora de l’inverno semo fora; ma se piove o tira il vento de l’inverno semo dentro.”

Questo sta a indicare che se il giorno della candelora si avrà bel tempo, si dovranno aspettare ancora diverse settimane perchè l’inverno finisca e giunga la primavera. Al contrario, se alla candelora fa brutto, la primavera sta già arrivando. E’ quindi un momento di passaggio, tra l’inverno/buio/”morte” e la primavera/luce/risveglio. Questo passaggio viene celebrato attraverso la purificazione e la preparazione alla nuova stagione.

Radici della Candelora

Candelora è il nome popolare (deriverebbe dal tardo latino “candelorum”, per “candelaram”, benedizione delle candele) attribuito dai cristiani alla festa celebrata il 2 di febbraio in ricordo della presentazione di Maria al tempio quaranta giorni dopo la nascita di Gesù. Questo in quanto per gli ebrei, dopo il parto di un maschio, una donna era considerata impura per un periodo di 40 giorni.

Le origini di questa festa sono però precedenti e sono riscontrabili, in diverse forme ma tutte con lo stesso significato, in varie parti d’europa. Andando indietro nel tempo, in italia, a Roma, risaliamo ai Lupercalia che si celebravano alle Idi di febbraio, per i romani l’ultimo mese dell’anno, che servivano a purificarsi prima dell’avvento dell’anno nuovo e a propiziarne la fertilità. In questa celebrazione, dedicata a Fauno Lupercus, due ragazzi di famiglia patrizia venivano condotti in una grotta sul palatino, consacrata al Dio, al cui interno i sacerdoti, dopo aver sacrificato delle capre, segnavano loro la fronte con il coltello tinto del sangue degli animali. Il sangue veniva poi asciugato con della lana bianca bagnata nel latte, e subito i due giovani dovevano sorridere.  A quel punto i due ragazzi dovevano indossare le pelli degli animali sacrificati; con la medesima pelle venivano quindi realizzate delle striscie (dette februa o anche amiculum Iunonis) da usare a mo’ di fruste. Così acconciati e con le strisce in mano, i due giovani dovevano correre attorno alla base del Palatino percuotendo chiunque incontrassero, in particolare le donne che si offrivano volontariamente ad essere sferzate per purificarsi e ottenere la fecondità.

Un altro momento particolare della festa era la ‘februatio’, la purificazione della città, in cui le donne giravano per le strade con ceri e fiaccole accese, simbolo di luce. Per le tradizioni celtiche questa ricorrenza viene chiamata invece Imbolc (da imbolg – nel grembo) e risulta particolarmente legata alla triplice Dea Brigit (o Brigid), divinità del fuoco, della tradizione e della guarigione; anche questa festa venne poi trasformata in età cristiana e il ruolo della Dea affidato alla figura di santa Brigida, a cui vengono attribuite tutte le caratteristiche della divinità, in particolare quella del fuoco sacro.

Sempre in merito alle origini italiche della Candelora, nel “Lunario Toscano” dell’anno 1805 si ritrova questo testo: “La mattina si fa la benedizione delle candele, che si distribuiscono ai fedeli, la qual funzione fu istituita dalla Chiesa per togliere un antico costume dei gentili, che in questo giorno in onore della falsa dea Februa con fiaccole accese andavano scorrendo per le citta’, mutando quella superstizione in religione e pieta’ cristiana”. Per la cronaca, i gentili erano i pagani e la Dea Februa era Iunio Februata (Giunone purificata), che veniva celebrata a Roma alle Calende di febbraio. Quindi, la purificazione di Maria fu fatta coincidere (per sostituirsi poi del tutto o quasi) con la festa pagana dedicata a Giunone e ai Lupercali. L’usanza di benedire le candele pare invece essere di origine francese e successiva alla processione (è documentata a Roma tra IX e X sec.).

L’orso della Candelora

La Candelora in alcuni luoghi viene chiamata “Giorno dell’orso”. In questo particolare giorno, l’orso si sveglierebbe dal letargo e uscirebbe fuori dalla sua tana per vedere come e’ il tempo e valutare se sia o meno il caso di mettere il naso fuori. Un proverbio piemontese in questo senso recita:

“se l’ouers fai secha soun ni, per caranto giouern a sort papì”

Ovvero, se l’orso fa asciugare il suo giaciglio (cosa che starebbe a indicare tempo bello per quel giorno) per quaranta giorni non esce più. Un altro proverbio simile al primo, ma meridionale in questo caso, sostiene che se il due Febbraio il tempo è buono, l’orso ha la possibilità di farsi il pagliaio e quindi l’inverno continua. L’orso era anche protagonista di alcuni riti rurali del mese di febbraio, collocati nel ciclo agreste/vegetativo: al termine di una caccia simulata, l’orso viene catturato e portato all’interno del paese dove viene fatto oggetto di dileggi e di scherzi. L’epilogo può variare dall'”uccisione” dell’orso alla sua liberazione/fuga e ritorno alla natura. La figura dell’orso è rivestita da qualcuno del luogo che non deve essere riconosciuto fino alla fine della rappresentazione rituale.

A Mentoulles nel periodo di Carnevale, un uomo veniva mascherato da orso e tirato con una catena o una corda per le strade, dove veniva schernito e bastonato. A Volvera invece (sempre nel periodo di carnevale) un personaggio mascherato da orso apriva la sfilata in costume, e in questa “rappresentazione” veniva mostrato pure il giaciglio asciutto dell’orso (riallacciandosi al proverbio precedentemente citato).

A Urbiano si celebra la “festa dell’orso”: qualche giorno prima della ricorrenza, i cacciatori con il volto annerito, andavano alla ricerca dell’orso, che (rappresentato da un uomo travestito) veniva immancabilmente trovato la sera della vigilia. Cacciatori, “orso”, e domatore visitavano le stalle e le osterie con il pretesto di spaventare la gente (e le ragazze) si lasciavano andare a trasgressive bevute. Il giorno dopo, l’orso compariva in paese e, dopo aver fatto il giro della borgata, ballava con la ragazza più bella prima di scomparire per ritrasformarsi in uomo. Questa festa ricorre non solo in piemonte e nelle zone dell’arco alpino, ma anche in altre regioni (e nazioni); in tempi più remoti l’orso della festa era vero, portato in giro da un montanaro/domatore che andava da un paese all’altro facendo ballare l’orso nelle piazze. In seguito questo uso scomparve e in alcuni paesi, per mantenere la tradizione, l’orso fu sostituito da una persona appositamente mascherata che ripeteva la stessa pantomima.

A Putignano, in Puglia, chi impersonificava l’orso girava per le vie del paese, fermandosi nelle piazze: lì, al suono di tamburi, si metteva a ballare la tarantella, tra i presenti disposti in cerchio che battevano le mani a tempo e lo punzecchiavano e colpivano con qualche sberla. A volte, a seconda del tempo, l’orso imitava o no l’atto del costruire il suo rifugio (u pagghiar’). Questi riti riproponevano comunque una tradizione antica che celebrava la festa del ritorno della luce e della bella stagione, con la sconfitta delle forze del buio e del freddo. Nello svolgimento di questi riti traspare la simbologia dell’orso (che con l’inverno va in letargo e si risveglia a primavera), interprete della forza primitiva della natura. L’orso può anche essere accostato alla figura dell'”uomo selvaggio”. In entrambe le raffigurazioni rappresenterebbe comunque il binomio natura – uomo.

Curiosità d’oltreoceano

Per gli americani è invece la marmotta a “decretare” l’arrivo o meno della primavera. Il 2 febbraio viene chiamato il “giorno della marmotta” e, in particolare, un paese chiamato Punxsutawney, a nord di Pittsburgh in Pennsylvania, ospita il Groundhog Day (giorno della marmotta – usato come sfondo per un noto film con Bill Murray). In questo giorno, una marmotta chiamata Punxsutawney Phil è al centro di una rappresentazione in cui viene fatta uscire dalla sua tana e, se vede la sua ombra, l’inverno continuerà per altre sei settimane. La Candelora (o Candelaia) è la sacra ricorrenza deriva il suo nome dal tardo latino “candelorum“, per “candelaram“, benedizione cioè delle candele. Secondo la tradizione, questi ceri benedetti sono poi conservati in casa dai fedeli e vengono accesi, per placare l’ira divina, durante violenti temporali, aspettando una persona che non torna o si ritiene in grave pericolo, assistendo un moribondo, e in qualunque momento si senta il bisogno d’invocare l’aiuto divino. Secondo il barnabita Egidio Caspani, la cerimonia, diventata poi attraverso i secoli festa popolarissima, era in uso a Gerusalemme, gia’ alla fine del IV secolo, con il nome di ” Quaresima dopo l’Epifania” – nel quarto giorno (14 febbraio) si celebrava il Natale in Oriente. La benedizione delle candele fu introdotta dal clero franco-germanico nei secoli IX-X, ma la processione era un uso antichissimo: fu a Roma che questa festivita’ cristiana della Purificazione della Vergine si riallaccio’ probabilmente ad alcune usanze pagane. Si legge nel Lunario Toscano dell’anno 1805: “La mattina si fa la benedizione delle candele, che si distribuiscono ai fedeli, la qual funzione fu istituita dalla Chiesa per togliere un antico costume dei gentili, che in questo giorno in onore della falsa dea Februa con fiaccole accese andavano scorrendo per le cittta’, mutando quella superstizione in religione e pieta’ cristiana“. Pare si possa escludere che la processione della Candelora sia derivata dalle Ambarvalie romane (dal percorso di campagna che piu’ somiglia alle Rogazioni), con molta probabilita’ si puo’ pensare che derivi invece da un altro rito pagano come i Lupercali o l’Amburbale, processione che invece si svolgeva intorno alla citta’ ogni 5 anni. Le feste importanti, si sa, cadono in una certa zona geografica o climatica e quasi sempre nello stesso periodo. Per capire intanto l’importanza dei primi giorni di febbraio; (giorni discussi e oggetto, tra

l’altro, di proverbiali prestiti con gennaio – i cosiddetti giorni della merla) basteranno i detti che ne fanno un punto nodale, per interpretare l’andamento climatico della stagione.

Cannelora , ‘state dinto , vierno fora.

Per indicare cioè la fine dell’inverno e l’approssimarsi del bel tempo, prima con la primavera e poi con l’estate. Infatti dopo il 2 febbraio, se marzo non si scapriccia, la natura precocemente si agghinda di splendidi ornamenti primaverili e il clima diventa mite, l’aria serena, il cielo azzurrissimo.

Un secondo proverbio richiama invece il ricordo dell’Epifania:

A Pasca Epifania tutt’e ffeste vanno via. Risponne ‘a Cannelora: No, ce stongo io ancora.

Per indicare cioè che l’estro, l’inventiva, la genialità del popolo napoletano saprà inventare tante altre feste da riempirne un intero anno. Ma anche proverbi in lingua inneggiano alla Candelora:

Se di Candelora il tempo è bello
si avrà molto più vino che vinello!

Nel calendario popolare la festa dà occasioni a pronostici sull’inizio della primavera:

Per la santa Cannelora ,
o che nevichi o che plora
dell’inverno siamo fuora .
Quando vien la Candelora
dell’inverno siamo fora ;
ma se piove o tira il vento
de l’inverno semo dentro .

Il 2 febbraio si festeggia anche San Biagio che viene invocato contro le malattie della gola e la laringite. Nella penisola Sorrentina c’e’ un proverbio, legato appunto ai cambiamenti climatici:

“San Biase o sole pe case
San Catiello ‘o sole ‘o Castiello
Sant’Antonino ‘o sole pe marine”

Le ricorrenze di questi tre santi cadono a distanza di poco l’una dall’altra e San Catello e’ il patrono di Catellammare di Stabia mentre San’Antonino e’ il patrono di Sorrento. Secondo la tradizione popolare il giorno della Candelora è l’ultimo giorno “utile” per smontare “o presebbio”.  Altra data in cui l’operazione veniva eseguita era il 17 gennaio. Chi smontava il presepe in tale data, portava un pezzetto del sughero utilizzato per costruire “lo scoglio” (è così definito il paesaggio), a bruciare sul “fucarazzo” dedicato a S. Antonio.

“Oggi tutte queste tradizioni sono quasi del tutto perdute, rimangono nei racconti dei piu’ anziani e ne sono la memoria storica.”

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